Il censimento della popolazione di un paese non è infatti solo una operazione di valenza statistico-matematica. E' anche e soprattutto una grande operazione culturale: riuscire a descrivere la popolazione significa anche raccontare un paese, non solo in un momento storico preciso ma anche nei suoi cambiamenti continui. Significa descrivere delle tendenze. Permette di capire molti fenomeni, dallo sviluppo delle città a quello dei territori rurali e di montagna, l’affollamento delle scuole e dei luoghi di lavoro, la gestione degli spazi urbani, la necessità di costruire nuove strutture pubbliche, l’utilità di migliorare una rete di mobilità e via dicendo.
I numeri raccolti diventano la base per molti, moltissimi ragionamenti. E non solo per le istituzioni ma anche per i cittadini stessi. Che così imparano a conoscere il paese in cui vivono, riuscendo talvolta a superare anche luoghi comuni, pregiudizi, percezioni che si rivelano, alla prova dei fatti, non supportate dai dati. Ecco perché è importante che la mole di dati pubblicata a fine dicembre da Istat relativa al censimento della popolazione italiana del 2011 non rimanga solo sui monitor e negli hard disk degli statistici e dei decisori politici. L’Italia del 2011 è un paese certamente ben diverso rispetto a quella di 10 anni prima. E imparare a conoscerla è un esercizio utile, non solo sotto il punto di vista matematico-statistico ma anche sotto quello più squisitamente civile e sociale.
Alla data di riferimento del censimento generale, il 9 ottobre 2011, la popolazione residente in Italia era di 59.433.744 persone. Rispetto a dieci anni prima c'è stato un piccolo aumento pari al 4,3% esclusivamente grazie alla componente straniera della popolazione. Complessivamente, la popolazione di origine straniera aumenta in tutte le regioni, per un totale di 2.694.256 persone. I cittadini di origine italiana diminuiscono di 250mila unità: i cali più forti si registrano nelle regioni del Sud e in Piemonte, Liguria e Friuli Venezia-Giulia. I maggiori incrementi di popolazione in questi dieci anni si sono registrati nelle altre regioni del Nord e del Centro (+9,5% in Trentino e Alto-Adige; +8,5% in Emilia-Romagna; +7,6% in Lazio; +7,4% in Lombardia e +7,3% in Veneto). Il grafico prodotto da Istat e presente nel rapporto finale sui dati evidenzia in quali regioni italiane ci sono stati aumenti o riduzione di popolazione di origine italiana e straniera.

Le variazioni di popolazione di origine italiana e straniera in Italia, per regione, nel 2011 (Istat, 2012)
Se guardiamo ai rapporti numerici tra i generi, in tutto il paese ci sono più donne che uomini: 93,7 uomini ogni 100 donne pari a 28.745.507 uomini contro 30.688.237 donne. Il rapporto di mascolinità è però invertito nelle classi di età più basse: nella popolazione infantile, come vedremo tra poco, il numero dei maschi è leggermente più alto di quello delle femmine. La situazione cambia poi nel tempo: complessivamente, soprattutto nelle classi di età più elevate, le donne sono decisamente più numerose degli uomini praticamente in tutte le regioni italiane.
Se invece ci concentriamo sull’età della popolazione italiana, registriamo un significativo aumento non solo degli anziani ma anche degli ultracentenari: dal 2001 al 2011 la percentuale degli over 65 è passata dal 18,7% (10.645.874 persone) al 20,8% (12.384.963 persone). Basti pensare che nel 1991 era del 15,3% (8.700.185 persone) per capire che il trend di invecchiamento della popolazione è irreversibile. Aumenta anche il numero degli over 85, che passano dai 2,2% del 2001 ai 2,8% del 2011. Gli ultracentenari erano 6.313 nel 2001 (1.080 maschi e 5.233 femmine) mentre nel 2011 se ne registrano 15.080, di cui l’83,7% sono donne (pari a 12.620). Il dato di riferimento è eloquente: l’età media degli italiani è di 43 anni. Scende fino al minimo di 40 anni in Campania, sale a 46 in Friuli Venezia-Giulia e addirittura a 48 in Liguria.
E i giovani? I bambini e i ragazzi in età scolare, quanti sono e quanto pesano sul totale della popolazione italiana?
Eccetto che per i bambini tra gli 0 e i 9 anni, il peso relativo delle classi di età giovani rispetto al totale della popolazione è drasticamente diminuito. I ragazzi e i giovani adulti (tra i 10 e i 39 anni) sono oggi poco più di 20 milioni e 300mila contro i 22 milioni e 600mila di dieci anni fa, una diminuzione pari al 10% circa. La classe di età che più segna questa tendenza è quella tra i 25 e i 29 anni che si riduce di quasi un milione di persone. Un dato ancora più chiaro è il confronto tra la numerosità degli anziani rispetto al numero dei bambini: da 1,1 anziani sopra i 65 anni del 1971 si è passati, progressivamente, a 3,8 nel 2011!
Il grafico successivo mostra chiaramente come questo rapporto si è modificato negli ultimi 40 anni. In modo semplificato, possiamo dire che oggi, in Italia, ci sono sostanzialmente quattro nonni per ciascun nipotino. Un dato che probabilmente spiega meglio di molte parole anche perché sia così difficile ottenere un maggior impegno di risorse verso i settori cruciali per lo sviluppo dei giovani, come la scuola, la cultura, lo sport, lo sviluppo digitale.

Se poi facciamo un po' di conti prendendo i dati relativi per ogni anno di età, le proporzioni tra numero di bambini e ragazzi e popolazione totale sono ancora più chiare. Se calcoliamo il numero totale dei bambini tra i 6 e i 10 anni, assumendo che corrispondano (pur con qualche approssimazione) al numero dei bimbi iscritti alle scuole primarie, vediamo ad esempio (come illustrato nel grafico sottostante) sono in totale circa 2.787.198, il 4,69% del totale degli italiani. Un numero molto basso, senza dubbio. Tra questi, i bambini che non hanno la cittadinanza italiana (allo stato attuale delle leggi, anche tutti quelli nati in Italia ma da genitori stranieri) sono circa uno su dieci rispetto a tutti i bambini in quella classe di età.
Rimanendo nell'ambito delle classi di età che corrispondono a un obbligo scolastico, il numero dei ragazzi tra gli 11 e i 13 anni che dovrebbe essere sostanzialmente equivalente al totale degli studenti di scuola secondaria di primo grado è in totale di 1.674.551, il 2,82% della popolazione totale. E i ragazzi cittadini stranieri sono l'8,5% del totale.
Infine, con una approssimazione sicuramente maggiore, dato che esiste in Italia un fenomeno per nulla trascurabile di abbandono scolastico come abbiamo già raccontato in
un precedente post, se prendiamo in considerazione il numero totale dei ragazzi tra i
14 e i 18 anni abbiamo una stima per eccesso della popolazione scolastica delle scuole secondarie di secondo grado. Qui, il totale è di 2.825.787, il 4,75% della popolazione complessiva. E in questa classe di età, la percentuale di ragazzi cittadini stranieri è dell’8%.
Complessivamente, dunque, i ragazzi tra i 6 e i 18 anni in Italia sono 7.287.536, il 12,26% della popolazione totale. Decisamente, un peso piuma.
Nei prossimi post di questo blog continueremo ad analizzare i dati risultanti dal Censimento italiano del 2011 per capire come sono distribuiti questi numeri tra le regioni, anche in correlazione al numero di scuole.
Diamo i numeri: