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A margine di una tragedia

A margine di una tragedia

Disciplina: Attualità Fisica 
di Paolo Cavallo, 9 Aprile 2009

Non sono un esperto di terremoti. Il sisma che nella notte fra la domenica delle Palme e lunedì 6 aprile 2009 ha colpito il territorio de l’Aquila mi colpisce soprattutto come cittadino italiano. Sono convinto che il grado di civiltà di un paese si misuri in primo luogo dalla capacità di assicurare a ciascuno la solidarietà di tutti di fronte a disgrazie così gravi. Alle persone che hanno subito un lutto o che hanno perso quasi tutto, lo Stato dovrebbe promettere, anche a nome mio, che non verranno lasciate sole: e dovrebbe essere evidente a tutti che la promessa verrà mantenuta. Nell’opera di assistenza e soccorso dei volontari e delle organizzazioni che vediamo al lavoro nelle città colpite è impossibile contrapporre la spinta che viene dai sentimenti a quella che viene dalla ragione. Ecco perché credo che le emozioni civili che questo evento suscita anche in me non siano estranee al mio legame con la scienza.

Capita troppo spesso che la scienza sia vista come un’impresa fine a se stessa, o come un deposito inerte di conoscenze vere. Si dimentica, cioè, che la scienza è in primo luogo un’impresa umana, alimentata dalla passione per la verità ma allo stesso modo dal desiderio di lavorare insieme in vista dell’utilità comune. Nella scienza c’è il momento dell’apprendimento e della formazione, quello della ricerca di principi generali e quello dell’applicazione dei principi a problemi concreti. Nessuno scienziato, nessun tecnico e nessun insegnante può fare tutto da solo. È importante che ciascuno di essi possa svolgere il proprio lavoro con serenità e nel rispetto reciproco. Ed è importante che la società civile nel suo complesso apprezzi quel lavoro per ciò che rappresenta, ricordando che, se dalla scienza possono venire idee e metodi preziosi, le soluzioni vanno elaborate e costruite da tutti i cittadini insieme.

Queste considerazioni mi vengono suggerite in particolare dalla questione della “prevedibilità” dei terremoti, che in questi giorni è affrontata in modo spesso parziale e unilaterale. Di per sé essa è una questione scientifica. In che misura è possibile prevedere un evento sismico e con quale precisione? Quali principi e quali leggi possono aiutarci a risolvere questo problema? Quali sono i dati a nostra disposizione e quali attendibilità hanno? Queste sono domande scientifiche. Si può fare della splendida ricerca a partire da esse. La frequenza dei terremoti in funzione dell’energia liberata presenta una distribuzione matematica che ci dà degli indizi sul tipo di leggi che questi fenomeni possono seguire. La teoria del decadimento radioattivo, che è nata come indagine pura di fenomeni molto lontani dalle applicazioni pratiche, ci permette oggi di studiare il comportamento delle rocce sottoposte a stress sismico misurando le quantità di radon liberate dalla loro rottura. Sono risultati importanti, ed è indispensabile che i ricercatori che li ottengono li pubblichino nella maniera migliore e ne ricevano il giusto credito.

Ma nessun singolo risultato scientifico è di per sé la soluzione di un problema che riguarda la collettività civile. Se anche disponessimo di una tecnica attendibile per la previsione dei terremoti, questa non ci servirebbe a niente senza altre condizioni. Se i cittadini non sono addestrati ad affrontare le situazioni critiche, se la rete dei trasporti è inadeguata, se il tessuto produttivo è fragile, l’evacuazione di decine o centinaia di migliaia di persone può comportare costi umani e vittime in misura paragonabile al terremoto stesso. La stessa lucidità, pazienza, precisione che pretendiamo da noi stessi come scienziati dobbiamo metterle al lavoro sul problema nel suo complesso. O finiamo per chiedere alla scienza soluzioni “magiche” che essa non può darci, e magari per perdere di conseguenza la fiducia che pure dobbiamo avere in essa.

Ci sono già oggi cose che sappiamo bene. Sappiamo che l’Italia è territorio a rischio sismico. Sappiamo che i danni di un terremoto sono causati dal crollo di edifici costruiti in maniera inadeguata. Sappiamo come costruirli bene, in maniera che restino in piedi anche nel caso di scosse più violente di quella della notte del 6 aprile, scosse che si verificheranno con certezza nel prossimo futuro. Comportiamoci di conseguenza. Come i vigili del fuoco che salvano in queste ore i sopravvissuti, mettiamo al lavoro il cervello e il cuore allo stesso tempo.

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Tag: fisica e società


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