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Le ossa di Galileo

Le ossa di Galileo

Disciplina: Biologia Fisica Meccanica 
di Paolo Cavallo, 3 Maggio 2009

Dopo avere parlato per tre post di Darwin, e del debito che anche un fisico può avvertire verso la sua opera, ho cominciato a sentirmi in colpa verso Galileo. Ho sostenuto che dalle scienze della vita sono arrivate intuizioni e idee importanti anche per la storia della fisica. Ora non posso astenermi dal discutere qualche contributo importante che la fisica ha dato, e fin dall'inizio, a una comprensione razionale dei fenomeni biologici.

Tutti sanno che il capolavoro scientifico di Galileo è l'opera Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze, apparsa nel 1638 a Leida. È impossibile ammirare il frontespizio dell'opera senza provare una fitta di rimpianto per ciò che la sua pubblicazione fuori d'Italia significa per la storia della scienza nel nostro Paese: lo scienziato più geniale d'Europa è stato costretto a pubblicare il proprio libro più importante all'estero, come se venisse pubblicato contro la sua volontà. Eppure i Discorsi furono pubblicati in italiano, non nella lingua franca degli intellettuali europei, il latino. Questo è stato possibile perché tutta l'Europa colta del XVII secolo parlava italiano, riconoscendo alla cultura italiana un'importanza di primo piano. Cosa sarebbe accaduto se "Galileo Galilei Linceo" avesse potuto pubblicare il suo capolavoro a Firenze? Come sarebbe oggi il nostro Paese se si fosse dimostrato ospitale fin d'allora verso la scienza e l'indagine razionale della Natura? Non lo sapremo mai. Ma è difficile scacciare l'impressione di una grande occasione perduta...
Bando ai rimpianti, e veniamo a ciò che resta nel tempo con la sua grandezza, alle idee di Galileo. Delle due nuove scienze a cui fa riferimento il titolo, la seconda è la cinematica dei moti uniformi e accelerati che ancora oggi si studia all'inizio del programma di Fisica al liceo. Ci sono i moti rettilinei uniformi, il moto di caduta libera dei gravi, il moto dei proiettili. Sono i primi modelli matematici del movimento, in base ai quali diventa finalmente possibile prevedere la traiettoria di una palla di cannone o il tempo di caduta di una sfera dall'alto della Torre di Pisa.
La cosa singolare è che molti studenti di Fisica non saprebbero dire quale sia invece la prima delle scienze che Galileo presenta al mondo. La Giornata Prima, che con la Giornata Seconda è dedicata ad essa, porta il titolo "Scienzia nuova prima, intorno alla resistenza de i corpi solidi all'essere spezzati." Qui Galileo discute varie cause che spiegano il fatto che una colonna sia in grado reggere un determinato peso, mentre un'altra si spezzi sotto un peso inferiore. (Viene da pensare che alcuni costruttori di edifici in zone sismiche d'Italia dovrebbero essere condannati almeno a imparare a memoria queste pagine!)
Fra gli aspetti discussi da Galileo, ce n'è uno la cui importanza è andata sempre crescendo, ben oltre il problema della "resistenza dei corpi solidi". Si tratta di una proprietà che oggi chiamiamo invarianza di scala e che consideriamo una proprietà fondamentale delle relazioni matematiche fra i fenomeni fisici. E non solo fra essi...


Immaginate di osservare la fotografia di un topo e quella di un elefante, riprodotte in maniera che i due animali appaiano della stessa altezza. Immaginate di essere uno xenobiologo denobulano (o comunque uno scienziato alieno) che non sa nulla delle vere dimensioni di queste specie terrestri. Potreste ugualmente arrivare a capire che l'elefante è più grande del topo? Se avete letto la traduzione denobulana dei Discorsi, sì.
L'argomentazione di Galileo si può riassumere in questo modo. La lunghezza delle ossa di un animale è all'incirca proporzionale alla sua altezza: l = kh, dove k è una costante di proporzionalità. Se si raddoppia l'altezza, raddoppierà la lunghezza delle ossa. Un topo alto dieci volte il normale avrebbe ossa lunghe dieci volte il normale.
La massa del topo, però, dipende dal suo volume (a parità di densità). Se moltiplichiamo per dieci l'altezza del topo, dobbiamo moltiplicare per dieci anche la sua larghezza e lunghezza. E se è vero che un parallelepipedo è un'approssimazione piuttosto grossolana per un topo, la conseguenza di questa trasformazione di scala è che il volume del roditore, e quindi la sua massa, aumenteranno di mille volte. Possiamo scrivere che m = kh3, perché la massa è direttamente proporzionale all'altezza elevata al cubo.
Ma, come dimostra Galileo nei Discorsi, la resistenza di una colonna o di un femore, sotto lo sforzo imposto dal peso del soffitto o dell'animale in esame, dipende dall'area della sezione della colonna o dell'osso. Una colonna più sottile regge meno peso di una colonna più spessa. Ora, l'area della sezione cresce all'aumentare della larghezza e della lunghezza del nostro topo. Se l'ingrandimento lineare è di dieci volte, l'ingrandimento della sezione è di cento volte. Ovvero: S = kh2.
La conseguenza necessaria è che un topo dieci volte più alto del normale non potrebbe reggersi sulle zampe, perché queste, in proporzione al peso, sarebbero troppo sottili. L'evoluzione potrebbe produrre dei topi giganteschi: ma soltanto a patto di renderli più massicci e tozzi, di cambiare le loro proporzioni. Di farne, insomma, degli elefanti...
Così, lo zoologo denobulano non deve fare altro che calcolare il rapporto fra lo spessore delle zampe e l'altezza dei due animali in fotografia. Provateci anche voi. La conclusione inevitabile di questa "necessaria dimostrazione" (come la chiamerebbe Galileo) è che l'elefante è certamente più alto del topo, perché ha le zampe in proporzione più larghe e quindi capaci di reggere un peso maggiore.

Lo studio del comportamento delle grandezze fisiche di fronte alle trasformazioni di scala è ancora molto importante. Come si è visto in questo esempio, esso permette di raggiungere conclusioni che si applicano con grande universalità, dalla statica degli edifici alla morfologia degli esseri viventi. Anche i fisici teorici che studiano le leggi fondamentali delle particelle elementari ricorrono spesso all'eleganza e alla potenza dei ragionamenti di scala. Fu con un ragionamento di questo tipo che, alla fine degli anni '60, James Bjorken previde l'esistenza di corpuscoli puntiformi all'interno del protone: i quark. Ma questa è un'altra storia...

Per approfondire:

Il testo dei Discorsi e dimostrazioni.

La pagina di Wikipedia su James Bjorken.

Il video di una lezione di Walter Lewin sulle leggi di scala di Galileo.

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Tag: Galileo


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