Tra tutte le domande ancora senza una risposta ce n’è una che continua a tormentare il sonno di molti astronomi e astrofisici, ma anche di alcuni filosofi. Non nascondiamolo, almeno una volta ce la ci siamo posti tutti: siamo soli nell’universo? Negli ultimi decenni gli sforzi per cercare forme di vita «là fuori», per usare una celebre espressione del telefilm culto X-Files, sono stati ingenti e hanno permesso di capire meglio l’universo che abitiamo. Le scoperte dell’astrofisica e dell’astronomia sono state molte, ma non abbiamo ancora incontrato l’«omino verde» dell’immaginario collettivo. Di sicuro, con il prolungarsi dello sforzo, l’idea che ci siamo fatti dell’universo cambierà ancora molto in futuro.
Per avere un quadro delle conoscenze che abbiamo oggi dell’universo, per mettere a fuoco quello che sappiamo sul suo conto e come i ricercatori pensano di allargare questi confini, Giovanni Bignami, astrofisico di fama mondiale (l’ultimo incarico è quello di presidente del Comitato Mondiale per la Ricerca Spaziale, COSPAR), ha scritto un libro, che ama definire un «bigino», un breve vademecum per curiosi, dal titolo un po’ provocatorio: I marziani siamo noi. Lo abbiamo incontrato nel suo studio nella sede milanese del CNR e la prima domanda che gli abbiamo fatto è proprio perché abbia scelto questo titolo.
Materiale alieno, anche marziano, che ogni anno atterra direttamente sulla Terra e che permette così di dare un’occhiata da vicino al mondo oltre la nostra atmosfera. Vi abbiamo trovato i mattoni della vita, ma non la vita. Ciononostante, si sono sviluppate alcune teorie di tipo cospiratorio, forse proprio perché l’idea di forme di vita intelligente che popolino altri pianeti tocca corde molto profonde e affascinanti per l’uomo, come dimostra la sterminata produzione fantascientifica al riguardo. Una di queste teorie, declinata in molti modi diversi, è che il contatto «ravvicinato del terzo tipo», per usare le parole di un famoso film di Spielberg, sia già avvenuto nel segreto di qualche stanza dei bottoni. I governi più importanti del pianeta sarebbero stati contattati da forme di vita senziente provenienti da altri mondi, ma non divulgano la notizia perché getterebbe nel panico la popolazione terrestre. C’è qualcosa di vero in questo tipo di teorie?
In I marziani siamo noi Giovanni Bignami affronta tutta la storia dell’universo, almeno quella che siamo in grado di ricostruire, in un viaggio che dal Big Bang porta fino alle ultime scoperte della cosmologia. Si tratta di un quadro breve, adatto all’idea di «bigino», ma comunque utile per capire i passaggi principali dell’evoluzione dell’universo. A questo riguardo una domanda che sorge spesso spontanea è «che cosa c’era prima del Big Bang?», ovvero cosa c’era prima dell’atto fondativo della fisica come la conosciamo oggi.
Insomma, siamo davvero «polvere di stelle», perché tutti gli elementi chimici di cui siamo costituiti - tranne una certa percentuale di idrogeno - si è generato nelle fucine nucleari delle stelle. Ma un altro luogo comune è che la Terra, il nostro pianeta, sia un caso particolare nell’universo, un unicum irripetibile. Le cose stanno davvero così?
Nella ricerca di vita extraterrestre, un ruolo importante negli ultimi anni è stato ricoperto da quella che Giovanni Bignami ha definito astronomia di contatto. Di che cosa si tratta?
Una fase nuova, quella aperta dalle possibilità dell’astronomia di contatto che ha il sapore della fantascienza di conquista ed esplorazione degli anni d’oro, ma che in realtà ha radici molto solide nella scienza e nella tecnologia che l’uomo ha saputo sviluppare finora. La storia, come si dice, non finisce certo qui e, anzi, a cercare di capire se siamo davvero noi i marziani Giovanni Bignami ha dedicato anche una trasmissione televisiva che va in onda sul National Geographic Channel e della quale potete vedere qui sotto il trailer.