Manca un mese alla primavera e il nostro corpo si prepara alla sua maniera: perdita di capelli, labbra e mani screpolate, gli ultimi strati di abbronzatura che se ne vanno, almeno che non abbiate goduto di recente di una bella settimana bianca. Niente paura, con una sfregata di guanto di crine o scrub che a dir si voglia, togliamo via le cellule morte e ci prepariamo per il futuro. Viene in mente un vecchio film, GATTACA, e allo sfregarsi energico, per non dire esasperato, del protagonista nel tentativo di togliersi di dosso tutte le cellule morte per non lasciare traccia del suo DNA nell’ambiente. Cosa c’è di vero in questi miti sulle cellule morte e sul rinnovamento cellulare? È vero che lasciamo in giro sciami di DNA? Davvero il fegato è capace di rigenerarsi del tutto? Ne abbiamo parlato con Paolo Pinton, docente di patologia generale all’Università di Ferrara, che insieme al suo team studia la genetica che si cela dietro a questi fenomeni.
Nel film GATTACA si vede il protagonista (Ethan Hawke) strofinarsi energicamente tutte le mattine per togliersi di dosso cellule morte che perse nell’ambiente potrebbero tradire la presenza del suo DNA. Di che numeri parliamo?
In un essere umano adulto ogni giorno muoiono dai 50 ai 100 miliardi di cellule. In un anno la massa delle cellule ricambiate è pari alla massa del corpo stesso. Ma in un organismo, non tutte le cellule hanno la stessa durata di vita: in un corpo umano le cellule della pelle vivono in media 20 giorni, quelle dell’intestino 7 giorni, i globuli rossi 120 giorni, quelli bianchi 2 giorni e le cellule neuronali e muscolari per tutta la vita. Per esempio, in questo momento, sulla nostra pelle “portiamo” migliaia di cellule morte che formano una barriera contro germi patogeni. Infatti, le cellule della pelle, una volta invecchiate, diventano sempre più superficiali fino a morire trasformandosi in una sostanza dura, la cheratina, che possiamo togliere semplicemente con il lavaggio. Ogni giorno si ha quindi un ricambio cellulare perpetuo, con cellule giovani che vanno a sostituire quelle vecchie. Così facendo, in un anno riusciamo a perdere, senza accorgercene, circa 20 chili di pelle. Un altro esempio evidente di ricambio fisiologico cellulare sono i nostri capelli: infatti il fusto è composto da tre strati di cellule morte. Entro certi limiti, la caduta dei capelli è un evento assolutamente fisiologico. A grandi linee, si ritiene normale la perdita di 40 – 120 capelli al giorno.
Perché ad un certo punto le cellule muoiono?
Durante la nostra vita la maggior parte delle cellule che costituiscono l’organismo invecchiano e muoiono. Queste cellule devono essere sostituite in modo tale che l’organismo possa continuare a svolgere tutte le sue funzioni in modo ottimale. Il numero di cellule presenti in un organismo deve sottostare ad una regolazione che non solo controlla la frequenza delle divisioni cellulari e quindi della generazione di nuove cellule, ma anche la frequenza di morte cellulare. Oltre a questa morte «fisiologica» la morte della cellula può rappresentare l’evento conclusivo dopo danni così gravi che i sistemi di riparazione non sono in grado di ripristinarne le condizioni vitali. Una cellula che si avvia alla morte modifica la sua struttura entro un ventaglio di variabili limitate; per questo motivo, sono state descritte principalmente tre modalità di morte cellulare: necrosi, apoptosi ed autofagia.
Il primo tipo di morte, la necrosi, si può considerare come una morte violenta, ed è causata da condizioni extracellulari gravemente compromesse. L’apoptosi è invece un processo di morte che si può definire «altruista»; infatti, ad un certo punto, alcune cellule del corpo umano sono scelte per sacrificarsi e cedere spazio a nuovi elementi vitali. È perciò coinvolta in numerosi processi cellulari non necessariamente patologici, ed infatti è definita come morte cellulare programmata di tipo I.
La morte cellulare programmata di tipo II è chiamata autofagia e viene definita come un processo che consente alle cellule di riciclare il proprio contenuto e di rimuovere in modo selettivo mitocondri e altri organelli danneggiati. Tale processo viene messo in atto dalle cellule sia in condizioni normali, per favorire il turnover delle proprie strutture intracitoplasmatiche, sia in condizioni di sofferenza, per sopperire alla mancanza di sostanze nutritive fondamentali. Di base si tratta quindi di un meccanismo di difesa che contrasta la stessa apoptosi, ma se troppo attivato promuove a sua volta la morte della cellula.
Micrografie elettroniche che mostrano cellule sottoposte a processi di Apoptosi (A), Autofagia (B) e Necrosi (C). (Fonte: “Journal of Clinical Investigation” (A, B) e “Biologia molecolare della cellula - Zanichelli” (C))
Che differenza c’è, se esiste, tra suicidio e omicidio di una cellula?
Certamente esiste una notevole differenza tra il suicidio e l’omicidio di una cellula! La necrosi (in greco Νεκρός, cioè morto) è il nome dato alla morte non programmata di cellule e tessuti viventi, ovvero corrisponde a quello che definiamo omicidio della cellula. Il termine apoptosi invece deriva dal greco, apo= oltre e ptosis= cadere, e letteralmente indica la caduta delle foglie dagli alberi o dei petali dai fiori; questa analogia sottolinea come la morte cellulare sia parte integrante e necessaria del ciclo cellulare di tutti gli organismi viventi. Si tratta di un vero e proprio suicidio cellulare, programmato e deciso dalla cellula.
Questi due tipi di morte si distinguono per gli importanti cambiamenti morfologici e biochimici che subiscono le cellule, oltre che per gli esiti, le finalità e le conseguenze. Nella necrosi si osserva la lisi, cioè la disgregazione, parziale o totale, della cellula: il nucleo si distrugge e la cromatina, normalmente confinata al suo interno, passa nel citoplasma, la cellula si rigonfia, la membrana cellulare perde velocemente la sua integrità e il contenuto citoplasmatico viene rilasciato nell’ambiente extracellulare, danneggiando anche le cellule circostanti. La necrosi generalmente è il risultato di uno stress acuto o di un trauma che porta alla rottura della membrana cellulare. Le possibili cause di necrosi sono molte: ferite, infezioni, tumore, infarto, infiammazione e così via.
Nella cellula apoptotica si hanno invece la deformazione e la riduzione di volume, la perdita dei rapporti con le cellule vicine, la condensazione e la migrazione della cromatina ai margini della membrane nucleare, la gemmazione della membrana plasmatica ed infine la frammentazione dell’intera cellula in corpi apoptotici, che vengono fagocitati dalle cellule vicine o da fagociti professionisti. L’apoptosi tuttavia non viene sempre decisa dalla cellula stessa, a volte se ne occupano le cellule Natural Killer, linfociti che controllano lo stato di salute delle cellule nei diversi tessuti. Nel caso in cui la cellula incontrata da una Natural Killer presenti uno stato anomalo (es. l’infezione di un virus o la trasformazione in cellula tumorale) il linfocita rilascia una serie di fattori inducendo l’apoptosi nella cellula sottoposta a controllo.
La perdita di materiale ed il disordine caratteristico della necrosi causano infiammazione e tossicità alle cellule circostanti, attivando una reazione immunitaria imprevista dell’organismo. Al contrario l’apoptosi, poiché non c’è la rottura della membrana e il materiale citoplasmatico non si riversa nell’ambiente extracellulare, non dà origine ad alcun processo flogistico secondario. Anzi, è portata avanti in modo ordinato e necessita di tante proteine dedicate le quali svolgono un delicato meccanismo a tappe che si articola secondo un preciso schema prestabilito.
Morte cellulare per necrosi (A) e apoptosi (B e C). La cellula in figura C è stata fagocitata da una cellula vicina.
Si riesce a distinguere al microscopio una cellula in salute da una morente?
Tra i metodi di studio che hanno reso possibile la comprensione dei meccanismi con cui una cellula muore molti si basano proprio sul suo aspetto a seconda del tipo di morte che la cellula intraprende.
Durante la necrosi la cellula subisce forti scompensi dei propri equilibri vitali, specialmente per quanto riguarda gli ioni che si distribuiscono dentro e fuori la cellula. Questo causa una rottura della membrana plasmatica e l’ingresso deregolato di ioni che, a loro volta, inducono la rottura degli organelli cellulari (es, reticolo endoplasmatico e mitocondri). L’aspetto più tipico della necrosi diventa proprio la presenza di limiti frastagliati della cellula dovuti alla rottura della membrana, visibile in maniera diretta tramite la microscopia elettronica. La cellula diventa inoltre permeabile a coloranti che normalmente non riescono ad oltrepassare la membrana, quali il propidio ioduro che si intercala tra le basi del DNA rendendolo fluorescente e permettendo di visualizzare una cellula necrotica con la più comune microscopia a fluorescenza.
Durante l’apoptosi invece la morte è molto più regolata, diverse proteine entrano in gioco per disassemblare in modo molto ordinato tutte le strutture cellulari: per esempio i mitocondri diventano da filamenti a palline e il nucleo si divide in diversi piccoli corpuscoli che possono essere visualizzati al microscopio. Infine tutti questi elementi vengono incorporati in vescicole che gemmano dalla cellula che a sua volta si ritira sino a diventare una vescicola indistinguibile dalle altre.
Nel processo di morte per autofagia poi, la cellula tenta di riciclare i propri componenti interni che vengono incamerati in vescicolette microscopiche per essere inviate a sistemi che si occupano di disassemblare proteine e lipidi per rimetterli in circolo.
Nel riquadro in alto a sinistra si osserva una cellula sana, completamente distesa (il citoplasma è colorato in verde) con il nucleo circolare (in giallo). La cellula apoptotica (freccia bianca), al contrario si presenta piccola con vescicole che emergono dai bordi. Il nucleo inoltre è disomogeneo e frammentato in diversi corpuscoli (in arancione). Nel riquadro in basso invece sono rappresentate cellule in cui, in verde, è marcata la proteina autofagica LC3. Nella cellula sana (a destra) la proteina si presenta dispersa in maniera omogenea nel citoplasma, nella cellula di sinistra invece il processo autofagico è evidenziato dalla presenza di vescicole la cui formazione è permessa proprio dalla proteina LC3. (Fonte: Pinton)
Come si organizzano i diversi apparati del nostro corpo? Sono vere le famose capacità di rigenerazione del fegato?
Gli animali complessi sono costituiti da miliardi di cellule, formanti i tessuti. Un tessuto è infatti un gruppo di cellule e di materiali intercellulari che svolgono le stesse funzioni. Un insieme di tessuti forma un organo e l’insieme di vari organi forma un apparato o un sistema. È attraverso l’interazione e la cooperazione dei diversi apparati che viene garantito il corretto funzionamento di ogni cellula e di conseguenza la sopravvivenza dell’organismo. Le cellule del corpo umano infatti, ad eccezione di quelle nervose, vanno continuamente incontro a processi di divisione e proliferazione regolarmente bilanciati dai processi di morte, che permettono un corretto turnover cellulare e la completa rigenerazione di molti tessuti e organi dell’organismo.
Un esempio è dato dal fegato, il quale ha una grande capacità di rigenerazione, in seguito ad un danno epatico, a interventi chirurgici (asportazione fino a tre quarti della sua massa) o a malattie virali. Gli epatociti (le cellule del fegato) hanno una vita media di 150 giorni, e in caso di asportazione di una parte del fegato o dopo l’assunzione di sostanze epatotossiche, questi proliferano consentendo la completa rigenerazione.
Il meccanismo di rigenerazione è controllato da diversi fattori, come l’interleuchina 6 e il fattore di crescita epatocitario. Solitamente la rigenerazione avviene grazie all’incredibile capacità di replicazione degli epatociti restanti i quali lasciano il loro stato quiescente e si dividono, ma nel caso in cui il danno sia particolarmente elevato la rigenerazione avviene grazie all’attivazione delle cellule staminali epatiche.
Le capacità rigenerative del fegato sono note fin dai tempi dell’antica Grecia. Troviamo, infatti, nei racconti della mitologia greca che Prometeo fu incatenato dagli dei ad una roccia dove un’aquila ogni giorno gli mangiava parte del fegato che però ogni notte si rigenerava rendendo quindi infinita la sua punizione per aver svelato il segreto del fuoco agli umani.
Immagine raffigurante i diversi apparati del corpo umano con particolare evidenza alla parte superiore dell’apparato digerente.
Si dice che la morte cellulare inizi ancor prima della nostra nascita…
L’apoptosi è un processo fisiologico fondamentale nel controllo numerico delle cellule stesse e nell’omeostasi di ciascun tessuto dell’organismo: le cellule in apoptosi infatti bilanciano quelle che si dividono per mitosi. L’alterazione di tale equilibrio avviene però anche fisiologicamente, per esempio quando l’organismo deve promuovere la formazione o l’eliminazione di una determinata struttura. È il caso dello sviluppo embrionale: dopo un periodo iniziale di intensissima attività mitotica, l’apoptosi interviene nell’eliminazione di una serie di cellule e strutture che hanno un proprio ruolo solo in una data fase dello sviluppo e che dopo non sono più necessarie, ma anzi, se conservate, possono causare difetti di nascita.
Gli esempi principali sono:
- la scomparsa delle membrane interdigitali: in un embrione umano ad uno stadio avanzato si possono notare le dita delle mani ben formate, ma ancora unite da un sottile strato di pelle. Le cellule che costituiscono queste membrane devono andare in apoptosi, cioè essere eliminate per consentire la corretta formazione della mano.
- la formazione del lume intestinale e degli organi cavi.
- la degenerazione (per apoptosi) dei dotti di Müller e sviluppo dei dotti di Wolff con conseguente maturazione dell’apparato genitale maschile e viceversa regressione (per apoptosi) dei dotti di Wolff e sviluppo dei dotti di Müller per la formazione dell’apparato genitale femminile.
- la corretta chiusura del tubo neurale (che altrimenti causerebbe spina bifida o iperplasia cerebrale).
- l’eliminazione delle cellule nervose che non hanno creato corrette connessioni sinaptiche e che quindi non sono funzionali.
Scomparsa delle membrane interdigitali a livello fetale.
Fonte: W.Wood et al., Development 127:5245-5252, 2000. The Company of Biologist.
Come viene regolata la morte cellulare a livello genetico?
Il programma apoptotico si avvale di molecole specifiche, i cui geni sono altamente conservati. I prototipi di tali geni furono osservati per la prima volta nel nematode Caenorabditis elegans. Delle 1090 cellule somatiche di questo piccolo verme, 131 muoiono per apoptosi nel corso dello sviluppo embrionale; gli studi effettuati permisero di identificare come alcuni geni inducevano apoptosi, mentre altri erano anti-apoptotici. Come quasi sempre accade, l’evoluzione ha però complicato il meccanismo negli organismi più complessi, sostituendo a un gene prototipo tutta una famiglia di geni con proprietà simili ma non del tutto sovrapponibili. Studi condotti su C. elegans permisero di suddividere il processo di apoptosi in 3 fasi: 1) induzione; 2) esecuzione; 3) riconoscimento e fagocitosi. A sua volta, negli eucarioti superiori, i geni dell’apoptosi si possono raggruppare nelle seguenti categorie:
Il primo gene dell’apoptosi studiato nell’uomo fu isolato da una leucemia di tipo B e chiamato Bcl-2 (da B Cell Leukemia-2). In realtà la famiglia di Bcl-2 è nei mammiferi molto numerosa, e comprende sia modulatori anti-apoptotici come Bcl-2, che pro-apoptotici come Bax (in alto in giallo), i quali sono normalmente presenti all’interno della cellula in forma tale da mantenere una condizione di equilibrio.
Gli induttori di apoptosi (a sinistra in verde), sono in grado di indurre apoptosi proprio determinando uno sbilanciamento tra modulatori anti e pro-apoptotici, a favore dei secondi. Appartiene a questa categoria la proteina p53, un noto oncosoppressore. Essa viene attivata da danni al DNA, conseguenti a radiazioni ionizzanti o ad altri agenti mutageni, nonché dalla presenza di oncogeni virali. Trattandosi di un fattore di trascrizione, induce la sintesi di diverse proteine che bloccano la progressione del ciclo cellulare finché il DNA è danneggiato. Tuttavia, se il danno persiste, il che si verifica in genere quando il danno è esteso o non riparabile, p53 induce la sintesi del modulatore pro-apoptotico Bax, innescando così l’apoptosi.
Cosa succede quando una cellula presenta difetti in questo meccanismo regolatorio?
Dall’alterazione dell’apoptosi possono derivare due gruppi di patologie: le prime sono associate ad un difetto dell’apoptosi e quindi aumentata sopravvivenza cellulare, le seconde invece sono caratterizzate da un aumento dell’apoptosi e quindi a eccessiva morte cellulare.
Nel primo caso, l’inadeguato processo di eliminazione cellulare comporta la sopravvivenza di cellule anormali. L’accumulo di queste cellule può dare origine a masse tumorali oppure scatenare malattie autoimmuni, che possono per esempio insorgere se i linfociti autoreattivi non vengono eliminati dopo l’incontro con gli antigeni self (ossia propri).
Il secondo gruppo di malattie è invece caratterizzato da una notevole perdita di cellule normali o cellule della difesa. Questa mancanza favorisce per esempio l’insorgenza di malattie neurodegenerative, che si manifestano a seguito della perdita di specifici gruppi di neuroni. Anche il danno ischemico associato ad una scorretta distribuzione dell’ossigeno ai tessuti promuove di conseguenza la morte cellulare, vedi il caso dell’infarto del miocardio o l’ictus cerebrale.
L’interesse scientifico rivolto alla comprensione del processo di morte cellulare è estremamente elevato, lo si capisce dal ruolo che l’apoptosi riveste in numerose malattie. I ricercatori attraverso i loro studi tentano di fare luce sui processi che regolano tale fenomeno, allo scopo di poter in futuro intervenire sul processo di morte, prevenendo quindi l’insorgenza di importanti patologie. Da anni il mio laboratorio si occupa di studiare il processo apoptotico in numerose condizioni patologiche. In particolare, negli ultimi due anni abbiamo pubblicato importanti studi su prestigiose riviste internazionali (Science e PNAS) rivolti a chiarire il ruolo d’importanti oncosoppressori (PML e FHIT), proteine ad attività pro-apoptotica coinvolti nel contrastare l’insorgenza tumorale.
Domande di comprensione
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Riferimenti
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PML regulates apoptosis at endoplasmic reticulum by modulating calcium release. Giorgi C et al. Science. 2010 Nov 26;330(6008):1247-51. 2010 Oct 28. | Link
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Intramitochondrial calcium regulation by the FHIT gene product sensitizes to apoptosis. Rimessi A. et al. Proc Natl Acad Sci USA. 2009 Aug 4;106(31):12753-8. 2009 Jul 21. | Link