Il progetto internazionale ENCODE (ENcyclopedia of Dna Elements) ha mandato definitivamente in soffitta il concetto di DNA spazzatura, assegnando a circa l’80% del genoma umano una funzione, attraverso l’annotazione degli elementi funzionali del DNA. Ne parliamo con Francesco Lescai, biotecnologo bioinformatico presso lo University College-Institute of Child Health di Londra.
Forse non toccherà riscrivere i libri di biologia nei concetti fondamentali, ma di certo «i risultati di ENCODE non potranno non essere considerati quando i testi delle scienze della vita si concentreranno sulle descrizioni di dettaglio, per esempio della regolazione genica». Francesco Lescai, biotecnologo e ora Senior Research Associate in Analisi Genomica presso lo University College-Institute of Child Health di Londra, ne è sicuro: il progetto ENcyclopedia of Dna Elements (Enciclopedia degli elementi funzionali del DNA- chiamato con l’acronimo ENCODE) è stato uno spartiacque nella comprensione del genoma umano.
ENCODE nasce nel 2003 per idea dello statunitense National Human Genome Research Institute (NHGRI), in conseguenza dei risultati dello Human Genome Project (HGP) - l’NHGRI nasceva nel 1989 proprio per portare avanti il progetto genoma dell'essere umano a nome dei National Institutes of Health americani - e con lo scopo di determinare tutti gli elementi funzionali del genoma umano, superando il concetto un po’ limitante di gene. Gli elementi funzionali a cui si riferisce ENCODE sono infatti tutte quelle regioni del genoma che codificano per uno specifico prodotto, come per esempio una proteina, o per elementi regolatori o strutturali, che controllano la cellula e l’attività dei singoli geni. In poche parole, tutti gli elementi che modificano una proprietà biochimica della cellula.
Mentre il Progetto Genoma Umano puntava solo a sequenziare l’intero genoma dell'essere umano e individuare tutti i geni presenti senza dare significato delle porzioni di DNA decodificate (individuato un gene, non era detto che si sapesse a cosa servisse), ENCODE aveva lo scopo di comprendere cosa significassero tutte le lettere messe in sequenza una dopo l’altra. Un’impresa enorme, che a poco tempo dall’elettrizzante risultato raggiunto col Progetto Genoma Umano sembrava un’utopia e allo stesso tempo la naturale conseguenza di una collaborazione tra ricercatori in tutto il mondo che già si erano misurati nel sequenziamento massivo.
Nell’aprile 2003 nasce allora il consorzio internazionale ENCODE, con l’obiettivo di iniziare una fase pilota lunga 4 anni per imparare a «interpretare» una piccola porzione del nostro genoma, ovvero 44 regioni corrispondenti a solo l’1% del DNA umano. Quattro anni per mettere a punto tecniche di analisi dei dati all’avanguardia e per creare standard di analisi, comparazione, integrazione e condivisione dei dati genomici da poter poi successivamente usare per il restante 99% di genoma. Quattro anni per comparare tecniche sperimentali e computazionali per annotare (cioè posizionare correttamente nella sequenza, comprendendone la funzione) gli elementi funzionali in ben determinate zone del genoma umano a partire da due linee cellulari principali, tra cui le HeLa (cellule del carcinoma della cervice uterina). Quattro anni per testare la capacità di collaborazione delle diverse competenze professionali chiamate a raccolta per mettere a segno la più importante impresa scientifica della genomica funzionale degli anni Duemila.
Immagine di cellule HeLa al microscopio a contrasto di fase. Le HeLa sono state tra le tipologie di cellule utulizzate nel progetto ENCODE (Foto: wikipedia.it)
Domande di comprensione
- Quali sono gli obiettivi del progetto ENCODE?
- Qual'è la differenza tra il progetto Genoma Umano e ENCODE?
- Come possiamo definire un elemento funzionale del DNA?
- I risultati di ENCODE cosa dicono del cosiddetto "DNA spazzatura"?
- ENCODE dipinge un quadro più semplice del genoma umano? Perché?
- Qual è l'apporto di ENCODE agli studi associazione genome-wide?
Prosegui la lettura
-
Mario Capecchi, il Nobel che mise i geni ko
Negli anni ’70 ha iniziato a lavorare per mettere a punto la tecnica di gene knock-out, per modificare in modo puntuale e preciso i geni nel DNA dei topi. Oggi quella tecnologia è utilizzata in tutti i laboratori del mondo. Per questo, Mario Capecchi, biologo americano di origine italiana, ha ricevuto il Premio Nobel per la medicina o fisiologia nel 2007. In questa intervista ci parla del suo lavoro e della sua visione della scienza.
-
Recensione libro: Le vita immortale di Henrietta Lacks
Sono tra le cellule più studiate e usate al mondo. Frigoriferi e congelatori di laboratori in tutti e 5 i continenti contengono stock di queste cellule per i propri esperimenti. E senza di loro importanti scoperte scientifiche non sarebbero avvenute. Questo libro parla della storia delle cellule HeLa.