La domanda
Salve, scrivo per chiedere dei consigli sulla mia tesina. Avevo intenzione di farla sulla Felicità, in particolare, come essa sia concepita dai vari autori e come per loro si possa raggiungere. Il mio discorso parte con la concezione di felicità oggi, par poi ricollegarmi alla concezione di felicità nel mondo latino, espressa dalla parola Fortunas; quindi, mi ricollegherei a Seneca e alla sua opera: "De vita beata". In italiano avevo intenzione di analizzare la felicità intesa da Leopardi, dove appunto si può parlare più che altro de Il Piacere. Ma ciò su cui ho maggior dubbio sono i collegamenti con filosofia e storia. Avevo intenzione di collegare la felicità al socialismo, quindi in storia con la nascita nel 900 del socialismo, di leghe e sindacati; mentre in filosofia con Marx, quindi con l'alienazione dell'uomo e della sua privazione di libertà, eventualmente poi avrei fatto un parallelismo con Nietzsche. Di questi due ultimi collegamenti però mi è stato detto che sono forzati… volevo sapere cosa ne pensava lei! In più avrei aggiunto una statistica che ho già fatto, mediante una formula matematica elaborata da una psicologa britannica, Carol Rothwell. Infine farei un discorso sulla felicità artificiale rifacendomi a Dworkin.
Giada, Liceo Scientifico
La mia risposta
Una premessa: nessuno, e in particolare nessun insegnante, può pretendere di padroneggiare un orizzonte culturale così ampio da dare un parere scientifico su una proposta come quella di Giada. La prudenza suggerirebbe di limitarsi all'ambito della propria materia — nel mio caso la Fisica — e declinare garbatamente l'invito a dire altro. In questo modo, però, il compito di cercare un punto di vista unitario su un tema importante ricadrebbe interamente sullo studente, che di rado è stato preparato a farlo durante gli anni della scuola secondaria. Per questo motivo penso che sia giusto da parte mia arrischiare qualche passo al di fuori delle mie competenze, e provare a dialogare con le idee di Giada.
Per cominciare, a me sembra che Giada abbia fatto uno sforzo degno di nota nel cercare di raccogliere materiali vari ma coerenti fra loro. Naturalmente, non tutte le scelte mi sembrano ugualmente felici.
Intanto, non so quale titolo Giada intenda assegnare al suo percorso. A me, personalmente, un generalissimo La felicità piacerebbe poco. Preferirei qualcosa di più articolato, evitando però le formulazioni pedanti come Il concetto di felicità presso gli antichi e presso i moderni. Toccasse a me, non avrei dubbi su un La ricerca della felicità, per ragioni che forse appariranno più chiare nel seguito.
Niente da obiettare su Seneca e Leopardi, ci mancherebbe! Al più, non capisco perché, a proposito di quest'ultimo, scrivere «Il Piacere» come se si volesse evocare D'Annunzio, secondo me fuori posto.
Quanto alle idee di Giada in relazione a Storia e Filosofia, anche io sono perplesso. A me sembra che la parola felicità abbia molta più importanza nel lessico politico e filosofico americano che in quello europeo, a partire dal secondo capoverso della Declaration of Independence:
We hold these truths to be self-evident, that all men are created equal, that they are endowed by their Creator with certain unalienable Rights, that among these are Life, Liberty and the pursuit of Happiness.
Secondo me sarebbe perciò più appropriato affrontare, in Storia, gli Stati Uniti d'America, magari toccando qualche episodio cruciale in cui l'ideologia espressa nella Dichiarazione d'Indipendenza ha condizionato la relazione fra questo Paese e il resto del mondo. E discutere, in Filosofia, il punto di vista sulla felicità di un autore americano, da Ralph Waldo Emerson a William James a Richard Rorty, naturalmente trovando un accordo in proposito con il tuo insegnante di Filosofia.
Non mi convince il riferimento a Carol Rothwell, per lo scarso spessore scientifico dell'equazione proposta. Il riferimento a Ronald W. Dworkin mi sembra invece azzeccato, proprio alla luce del problema della ricerca della felicità. E mi fa venire in mente che forse non ci starebbe male, fra tanti riferimenti «alti», anche un riferimento alla cultura pop della televisione e delle sit-com. C'è un episodio de I Simpsons che discute come al solito in maniera sguaiata e acuta il problema dell'uso e dell'abuso di farmaci regolatori del carattere come il Ritalin™. Secondo me non sarebbe una cattiva idea citarlo.